CENTRO STUDI WU SHU CREMONA


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Taoismo

teoria e filosofia



IL TAOISMO

Con il termine taoismo s'indica sia un sistema filosofico sia una religione. Ambedue si rifanno al pensiero di uno dei maggiori filosofi della Cina, Lao Tze (Laozi: "Vecchio Maestro") il cui nome originario era Li Erh, ritenuto, dalla tradizione storiografica, contemporaneo di Confucio (Sec. VI - V a. C.).
Egli avrebbe scritto il suo capolavoro, il "Daodejing" (Tao te ching, Il Libro della Via e della virtù), dopo aver lasciato l'Ufficio di bibliotecario alla corte dell'imperatore ed essersi ritirato, in solitario romitaggio, nelle regioni occidentali del paese. Molti studiosi moderni ritengono, in realtà, che tale opera sia apocrifa e successiva alla morte del maestro, secondo tale ipotesi essa sarebbe stata scritta raccogliendo pensieri e detti del vecchio maestro. In ogni modo il daodejing con i successivi libri di Zhuangzi e di Liezi, costituisce la base del pensiero taoista.
Laozi, così come Confucio, tentò di dare una spiegazione razionale delle antiche tradizioni culturali e religiose del popolo cinese, distinguendosi da Confucio sia per il tono mistico delle risposte date ai grandi perché della vita, sia per il carattere "rivoluzionario", in senso anticonformistico, della sua dottrina. Se il confucianesimo fu una dottrina d'inquadramento della realtà sociale cinese preesistente all'interno di un sistema politico nuovo, e quindi fu la guida per il buon governo, allineandosi alle esigenze della nuova classe dominante, il pensiero taoista portò con sé il germe della ribellione nei confronti del nuovo regime politico, che si andava instaurando nella Cina di Laozi e di Confucio. Tale opposizione fu però rivolta ad affermare, più che una reale nuova proposta politica e di vita, il ritorno alla situazione della Cina preimperiale, proponendo la possibilità di un ritorno al passato in cui era comune la proprietà dei beni di produzione (terra ed artigianato).
Una simile proposta era dettata non da principi economico-sociali di tipo marxista, quanto dalla nostalgia di una dimensione maggiormente umana dell'individuo e della sua capacità di produrre così come di vivere.
Dal punto di vista religioso, più che ad un sistema capace di soddisfare la natura umana, il taoismo tende ad affermare una fede che possa portare l'individuo a vivere uno stato mistico dell'anima, non esprimibile a parole, in grado di condurre l'uomo a divenire un'unica cosa con l'Uno, ossia il Principio Supremo, attraverso un totale distacco dalle cose terrene e dalla materialità. Solo questa via potrà portare benedizioni ed immortalità. Tale stato mistico, paragonabile all'estasi, consentirà all'individuo di realizzare l'unione fra il suo essere, inteso a livello sia materiale sia spirituale, con la natura e l'universo intero sino a formare un unico Dao. Concepito, quest'ultimo, come insieme di forze e d'opposti così come d'esseri viventi, pensanti e dotati di sensi e sensibilità, corporea e spirituale, composti allo stesso tempo di spirito (anima) e di materia, ossia sostanza e forma, ed in continua mutazione o cambiamento, grazie all'agire della forza vitale, sola reale generatrice dell'intero universo.
All'interno del taoismo, partendo da questo principio, si sono venute formando, nei secoli, varie correnti, i cui insegnamenti non s'escludono a vicenda, per questa ragione si avrà il taoismo magico, quello divinatorio, quello cerimoniale, l'alchemico interno ed esterno e così di seguito.
Alla domanda fondamentale: "Il Cielo parla?" - Laozi rispose mettendone in evidenza il Silenzio. Prendendo spunto dal comportamento della natura, caratterizzato dall'apparente non agire, egli, seguito, dal suo gran discepolo Zhuangzi, concentrò la sua riflessione ed il suo pensiero sulla natura del Dao (Tao) fornendocene un'immagine precisa. Esso è, nella definizione di Lao Tze, un principio cosmico, assoluto, misterioso, ultimo, da cui hanno origine e vita tutte le cose sia nella sostanza sia nella forma. Da esso nasce ogni essere, ogni mutazione ed ogni cambiamento, in esso agisce la forza vitale del "De" (Te - virtù). Da questo concetto nasce il nome stesso dell'opera attribuita a Lao Tze: Daodejing o Tao de Ching, che tradotto letteralmente significa il libro (Ching o jing) del principio, o via, (Tao) e della sua azione, (Te o De). In cui per azione s'intende la virtù del Dao ed è per questo che molti traduttori hanno interpretato il termine azione con virtù; quindi per definizione la virtù del Principio Supremo è nella sua Azione.
Pur considerando il Tao come onnipresente, intelligente, eterno ed onnipotente, Laozi non ne parlò mai come di un essere personale né come di una divinità; per intenderci, egli non affermò mai che il Tao fosse un Dio o un essere da venerare ed in onore del quale l'uomo dovesse compiere sacrifici o riti. Egli lo definì come entità reale, unione di essere e di non essere, di pieno e di vuoto. La nostra mente non lo può comprendere, le nostre parole non lo possono descrivere, esso è assolutamente indefinibile e non nominabile: "Il Dao di cui si può parlare non è l'eterno Dao; il nome che può essere nominato non è l'eterno nome; il senza nome è l'inizio del cielo e della terra; il nominato è la madre di tutte le cose" (Daodejing 1). Il Dao è come il principio rappresentato anticamente con due teste: il non essere wu e l'essere you, in altre parole esso è allo stesso tempo vuoto e pieno, materiale ed immateriale, in quanto è il principio d'ogni cosa, quindi racchiude in se l'essenza d'ogni cosa ed il suo esatto contrario. "Le cose del mondo sono nate dall'essere e l'essere è nato dal non essere" (XL).
Dao, quindi è il nome convenzionale e "impronunziabile" che Lao Tze dà alla realtà unica e perfetta, al Principio Supremo, che è al tempo stesso occulto ed immutabile, immateriale e silenzioso, esso esisteva già prima del cielo e della terra (Daodejing 25 I, IV). Una realtà che si è auto originata e che ha in se la norma che regola la vita e la natura, e le cui categorie sono il moto e la verità (Zhuangzi VI, 7). Esso potrà solo essere compreso attraverso la "chiara intelligenza" (hui) o intuito attraverso la percezione e la conoscenza della sua unica "manifestazione", ossia della sua condizione di moto o non - stasi. Il moto che equivale all'attività del Dao e che ne rivela il modo d'essere, è caratterizzato da reversibilità, ossia dalla capacità di ricominciare dal medesimo punto o momento in cui ha avuto termine, e da dolcezza. Il Dao si manifesta, infatti, all'occhio ed alla mente dell'uomo, nei due momenti alterni d'espansione e di rientro: il primo coincide con la sua manifestazione attraverso le cose, il secondo con il suo totale scomparire e nascondersi, nel momento in cui rientra in se stesso, o meglio in cui ritorna allo stato di nulla o vuoto detto wu (Laozi 14, II; 40, I, II), ossia in quello stato che esisteva prima della manifestazione del movimento da cui hanno avuto origine tutte le cose. Questo moto che determina il ritmo della vita dell'Universo, è costante, lineare e agevole, simile ad un respiro regolare e tranquillo. L'azione del Dao si configura, inizialmente, come un "traboccamento", quindi una fuoriuscita d'energia, che coincide con la massima espansione delle sue energie o virtù, "de". Ma il Dao non s'erge per questo a signore delle cose e non manifesta il suo nome, restando nell'anonimato e nel silenzio (Laozi 34, I, II). Per esemplificarne il modo d'operare lo si può paragonare all'acqua incolore ed insapore, umile e benefica, che penetra dolcemente in ogni dove, apparentemente debole all'aspetto ma che è in grado d'annientare tutto ciò che appare solido e forte, capace d'assumere le forme più svariate, di rimanere immobile così come di muoversi a velocità vertiginose. Per questo motivo, Lao Tze che la realtà del Dao, così semplice, costante e sommessa, spesso appare stupida e ridicola a coloro che non la comprendono (Laozi 41, I). La comprensione avviene mediante l'utilizzo del cuore solo se esso, principio di espansione, sarà in grado di allinearsi su un'unica linea centrata, con altri due principi: mente, principio di introspezione, e corpo, principio di rientro.
La traslazione del suo antico ideogramma, indica per la parola Dao il significato "Via", intendendo come esso sia un qualcosa da seguire, una strada da percorrere per giungere ad una maggiore e più vasta conoscenza, passando attraverso la consapevolezza e la comprensione, accettando, quindi, di non essere mai realmente in grado di "sapere".
La sua attività, anche se questo può sembrare una contraddizione di termini, è caratterizzata dalla non azione - wu wei - ossia dall'assenza di volontà, d'intenzionalità o di sforzo, poiché le sue operazioni e le sue azioni altro non sono che il modo in cui esso esiste. I concetti della non determinazione e dell'onnipresenza del Dao sono gli argomenti di una parabola dello Zhuangzi (XXII, 6), nella quale si narra che la dimora del Dao è situata nel palazzo di Nessun - Luogo nel paese di Non - azione, ragione questa che impedisce all'uomo illuminato, capace d'arrivare a tale dimora di trarre da ciò un arricchimento di sapere, poiché non vi troverebbe i riferimenti necessari all'acquisizione della conoscenza, considerando che la capacità umana di conoscere si basa su schemi nei quali il tempo, lo spazio e l'azione sono unità che giocano un ruolo fondamentale per l'acquisizione delle nozioni e della conoscenza.
Lo stato precedente alla venuta in essere dell'universo è ritenuto, da Lao Tze, simile ad una "torbida confusione", paragonabile al Kaos della filosofia greca. Questo stato subì un'improvvisa e misteriosa alterazione, che il pensiero taoista non ha mai cercato d'interpretare, rivolgendo invece la sua attenzione al fatto che la venuta in essere delle cose ha causato con la determinazione delle varie entità, ossia il loro diventare realtà circoscritte e distinte, la loro separazione dallo stato originario di confusione. Da questa concezione nasce il desiderio del pensatore taoista, di rientrare nello stato originario di totale comunione con la natura e con il Dao attraverso l'annulamento di sé e d'ogni altra limitazione tipica dell'essere umano. Intendendo come annullamento di sé, la perfetta conoscenza e coscienza del proprio essere sino a giungere alla perfetta armonia con il Dao e con le sue manifestazioni reali, ossia con la natura. La comunione totale con il Dao equivale, dunque, al ritornare nel nulla o meglio a quello stato di vuoto, che ha preceduto la manifestazione dell'esistenza della vita, e che per questo non è da intendersi come vuoto totale, mancanza di vita o similari, ma come quello stato di pienezza dell'essere che precede la sua manifestazione concreta. Il vuoto, infatti, nel taoismo, è l'essere assoluto nel momento misterioso e dinamico, esuberante d'energia, in cui esso diventa reale, vivo, che i taoisti riconoscono come il grande inizio (Taichu, Zhuangzi XII, 8).
La manifestazione concreta del Dao avviene, attraverso la sua espressione in due forze elementari: l'una, yin, che costituisce la componente femminile, ricettiva, fredda, oscura, lunare ed il cui domicilio è la terra; l'altra, yang, ossia la componente maschile, creativa, calda, solare, ed il cui dominio è il cielo. Le due forze hanno la medesima importanza e sono ambedue necessarie, poiché soltanto la loro azione congiunta produce l'armonia e quella forza vitale, qi, che pervade l'universo (Zhuangzi VI, 9, 10; XVII, I). Questo qi è l'essenza vitale d'ogni entità e d'ogni essere e a sua volta si divide e si articola nelle molteplici energie o virtù (de) proprie ad ognuno di questi, la cui presenza e la cui manifestazione sono le condizioni senza di cui non è possibile la vita.
Consapevole di tanto l'uomo, giunto alla reale sapienza, secondo la teoria taoista, praticherà il "digiuno della mente" (Zhuangzi IV, 2): saprà in pratica far tacere la sua soggettività, superando così il proprio egoismo ed il proprio individualismo, per lasciare che il qi prosperi indisturbato, dispensando in tal modo vita e armonia in lui ed intorno a lui. Con il superamento dell'io, causa d'ogni miseria e di tutti i peggiori comportamenti umani, l'uomo raggiungerà quello stato d'indifferenza che gli consentirà non solo di comprendere il Dao com'entità concreta, ma anche di poterlo osservare nella sua dimensione temporale, ossia nella sequenza d'eventi e nella concatenazione di rapporti che l'uomo sperimenta come "destino".
Nel pensiero Taoista, che offre una superiore visione dell'essere e che esorta l'uomo a non creare tesori con i beni in terra, possono essere visti, anche, i presupposti dell'allontanamento dell'individuo dalla Società, del suo estraniarsi da questa, della perdita di stima nei confronti della "cultura" istituzionale, del distacco dagli affari del mondo, tutti comportamenti che contrastano fortemente con l'insegnamento culturale e sociopolitico dei letterati e dei filosofi e che si oppone, come principio filosofico, al pensiero dell'altra grande corrente filosofica cinese, il confucianesimo ben più attenta e rigida nel definire i corretti comportamenti sociali, politici e familiari secondo i propri canoni teorici.



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